Wanted Primo Maggio 2019: la cronaca

59229898_10216263006762112_1129098729765208064_n
Mercoledì primo maggio: sole su Torino. Mentre a Roma parte il solito polpetone trash a Torino, nello storico rock club Hiroshima Mon Amour si “apparecchia” il palco per Wanted Primo Maggio, nona edizione.
La giovane squadra di tecnici attacca a montare l’impianto. Poi, lentamente, arrivano i musicisti. Parcheggiano macchine e furgoni nel cortile del passo carraio. Si scambiano news,qualcuno commenta l’ultimo live, si scaricano strumenti, scatti fotografici da postare al volo.
Le vibrazioni sono supersoniche, come sempre a Wanted, anche se non mancano i soliti ignoti che mugugnano perchè vorrebbero fare subito i suoni.
Alle 19,20 è ora di stopparsi. Chi riesce, mangia una pizza. Il bar viene aperto. Alle 19.50 si aprono i cancelli. Alcuni fans dei Duratone si scaldano in attesa di incollarsi sotto il palco. Fuori il sole continua a brillare. Arriva Fabrizio Gargarone. Giulio gira per l’edificio come un’anima in pena. Luca Calderan spunta all’improvviso. Poeticamente, arriva anche Bruno Rullo, con un “filo” di affanno e una copia della rivista “Tam Tam Bum Bum” sotto il braccio.
Alle 20.00 scattano i Duratone. Tre pezzi crudini che eccitano i presenti. Qualcuno mi boffocchia quasi un complimento “ricordano le Go-Go’s”. Arriva Sergio Cippo, armato di macchine fotografiche con cui pazientemente coglierà lo “spettacolo”, minuto per minuto.
Rullo legge alcuni testi, Gianluca Lancieri che doveva seguirlo sul palco spunta con il suo pseudo borsalino calcato sul cranio rasato e sparisce in un batti baleno. Tocca ai veterani scaldare i cuori. Franco Monte, vecchia volpe argentata biellese, perso nell’immortale sogno a stelle a strisce trascina la sua band, scuotendo la lunga, candida criniera, in una galoppata di oltre 30 minuti. Rock ruvido, con visioni acide. Poi si fanno largo i Capitan Gruccia e gli Spaghetti Spezzati. Timidi, ma decisi. Sei brani sottili che si arricciano tra terra e cielo. Riappaiono i poeti. Si parla sul palco di visioni e diritti rubati (stiamo o non stiamo consumando la festa del lavoro?). Ma c’è ancora spazio per la musica: l’ex duo Cri+Sara Frou, per l’occasione affiancati da un batterista e da una violoncellista. Sara Frou di bianco vestita cantilena i suoi brani (qualcuno maliziosamente mi sussurra all’orecchio “avrà mai sentito la Consoli?”). A bordo pista si scaldano i savonesi Diatomea, che con la solita grinta spiattellano un set onestamente rock, che a sua volta apre le porte al modern sound di Cobran. Radiofonico, accattivante, persino commerciale (e non è una bestemmia, raga).
Mancava all’appello un cantautore, ed eccolo che appare come per miracolo, Riccardo D’Avino che tira fuori tre ballate con retrogusto di critica sociale che non guasta mai, specialmente in queste occasioni. Chiusura a cura dei nero vestiti LucirossAllinclusive che partono a testa bassa alle 23,20 e rimangono in pista sino a sfiorare mezzanotte. Rob suda dietro i “tamburi” (si cambierà un paio di t/shirts al volo, prima della fine). Un manipolo di fans rimane fisso sotto il palco sino all’ultima nota sgocciolata con orgoglio.
Volano al bar gli ultimi cicchetti. Una ragazza, traballando, versa un bicchierone colmo di qualcosa che con uno splash si svuota sul pavimento schizzando i pantaloni di Davide Salvatore. I savonesi sono ancora in giro dentro l’edificio, in attesa di imboccare con il furgone la strada di ritorno. Sangue giovane, sono i più svegli di tutti.
E’ presto, poco meno delle 24.30. Missione compiuta, è ora di sganciare. Finalmente mi rilasso, chiacchierando con il fido Daniele Boretto. Anche per quest’anno è andata. Walter, nell’atrio, smonta l’angolo dei vinili. Stiamo lavorando per la decima edizione, mantenete alta l’attenzione.